Armi e sicurezza: perché una pistola non ci libererà mai dalle nostre paure”
di Luca di Bartolomei | Baldini e Castoldi
Sabato 27 Aprile ore 17:30
Sala Conferenze Palazzo della Cultura | Viale Umberto I 43
Il vicepremier Matteo Salvini dice che la nuova legge sulla legittima
difesa, approvata nelle scorse ore in Senato e che sancisce in sostanza
che la difesa è sempre legittima, rappresenta “un bellissimo giorno per tutti
gli italiani“. La retorica del leader della Lega lavora infatti sui sentimenti
più elementari del popolo italiano: il 40% dei connazionali, infatti,
afferma di sentirsi più sicuro all’idea di avere una pistola in casa. Ecco quindi che questo provvedimento coltiva questi sentimenti e potrebbe
spingere a un’ulteriore proliferazione delle armi. Esattamente ciò che
temeva Luca Di Bartolomei quando ha deciso di scrivere Dritto al cuore,
un pamphlet appena uscito per Baldini e Castoldi che vuole appunto
mettere in guardia da una cultura militarista e violenta.
L’autore ci tiene fin da subito a non definirsi contrario alle armi o
pacificista: “Sono fermamente convinto che l’utilizzo della forza sia spesso
necessario. Credo però altrettanto fermamente che l’utilizzo della forza e
quello delle armi debbano essere una prerogativa dello Stato“. Ma il suo
impegno nasce da un fatto privatissimo: infatti il padre Agostino Di
Bartolomei, ex capitano della Roma e grande stella del calcio italiano, si
tolse la vita nel 1994 proprio sparandosi con una pistola, a soli 39 anni. Ma
la sua battaglia travalica il dato autobiografico e si pone a riflettere sulle
conseguenze che in generale il moltiplicarsi delle armi porta nella
società: “Le armi sono pericolose di per sé e il loro uso, la custodia e la
manutenzione sono azioni che necessitano di una consuetudine, una
meticolosità e di un’attenzione estrema“.
Sono 4,5 milioni gli italiani che tengono legalmente un’arma in casa, vale
a dire una pistola ogni 8,7 abitazioni: ce ne sarà probabilmente una
anche nel vostro condominio. Sono dati spropositati soprattutto se
pensiamo che si innestano su una paura del tutto irrazionale. Come detto,
viviamo in un paese che si ritiene insicuro e al pericolo, anche se le
statistiche dicono il contrario, soprattutto se pensiamo alle
nostre percentuali di omicidi che sono le più basse d’Europa o che l’aumento degli immigrati (altro spauracchio leghista) non ha portato a
nessun aumento dei reati. D’altro canto un terzo delle donne uccise da
compagni o parenti è stata freddata da un’arma regolarmente in possesso
di questi uomini. E parallelamente, si capisce dai dati evidenziati da Di
Bartolomei, mentre diminuiscono cacciatori e tiratori sportivi (che
avrebbero dunque motivi specifici per utilizzarle) assistiamo a un “ampio
aumento delle concessioni del porto d’armi“, in modalità che non
prevedono nemmeno sia necessario mettere piede in un poligono.
Ovviamente c’è una grande pletora di opinioni sul fatto che possedere delle armi è un garanzia di libertà da una parte e dall’altra di sicurezza: c’è chi si appella a quanto scritto nel Bill of Rights americano (dove il diritto alle armi è sancito per legge e dove sono numerosi e notissimi anche i casi dimass shooting a cui abbiamo assistito anche negli ultimi mesi), ma nella Costituzione italiana, invece, non è scritto da nessuna parte il diritto alla difesa personale o quello ad armarsi. Certo, poi sempre Salvini usa degli argomenti fuorvianti: “Chi vuole uccidersi o uccidere può usare un martello, un coltello o anche un’automobile. Non per questo impediamo di appendere i quadri o di prendere la patente“, ha dichiarato l’anno scorso. Ma il punto è
la pericolosità immediata e irreversibile delle armi da fuoco. In un paese
dove aumentano i casi di depressione e l’uso di psicofarmaci, forse la
vera insicurezza dovrebbe sorgere dalla volontà di armare più persone
possibili.
Il libro di Di Bartolomei non si nasconde dietro a valori ideali o facili
sentimentalismi, ma ragiona dati alla mano sul controsenso di andare
verso una società militarizzata. È indubbio che sentimenti di
incertezzasono proliferati negli ultimi decenni, e lo scrittore qui ne analizza
parecchi, dalla crisi economica al nervosismo diffuso via social, passando
anche per l’invecchiamento della popolazione e il ridursi degli sbocchi per i
giovani. Ma ancora una volta che la panacea di tutti i mali passi per
l’affermarsi tramite un’arma sembra assurdo e anzi è
un’ulteriore responsabilità levata allo Stato: ma se il nostro stesso
presidente del consiglio Giuseppe Conte dice che in taluni casi “non
possiamo attendere lo Stato di diritto“, come non pensare che il Far
West sia sempre più vicino?
Il fascino che gli italiani hanno da sempre sviluppato nei confronti delle
armi è innegabile e d’altronde tutto l’indotto ha generato grandi storie
imprenditoriali, come quella della Beretta o il caso della Val Trompia, come giustamente ricostruisce Di Bartolomei. Cosa succede però quando,
per citare i Promessi Sposi come fa l’autore, “il buon senso c’era ma se ne
stava nascosto per paura del senso comune“? La soluzione è terrificante:
“consegnarci alla violenza e alla vendetta per il timore di avere paura“, dice
Di Bartolomei, è una mossa assolutamente controproducente, perché
significa sostanzialmente sostituire alla legalità e al contratto
di convivenza sociale un mondo sempre e solo dominato dalla capacità
offensiva.
incontro con l’autore a cura di Felice Costanti